Oggi io e Dboy abbiamo fatto una passeggiata.
Abbiamo fatto una passeggiata con un'amica e un amichetto.
Dboy e il suo amichetto si conoscono da quando erano piccoli piccoli nella pancia delle mamme e le mamme andavano in piscina. Si conoscono da quando la mamma non sapeva ancora che Dboy fosse un boy.
Abbiamo fatto una bella passeggiata e abbiamo parlato.
E io ho pensato alla questione dell'identità.
Da quando abbiamo un figlio siamo inevitabilmente principalmente madri?
Qual è il punto in cui si è autorizzate a ritornare ad essere un filo egoiste per sopravvivere?
Dobbiamo inevitalmente votarci per il bene superiore del figlio?
C'è un momento, circa 6 mesi dopo, in cui si è pienamente consapevoli che il figlio non è più parte di sè. Prima, almeno per me, era veramente duro lasciarlo e staccarmi da lui. Ogni volta sentivo un dolore fisico.
Sentivo che mi veniva strappata via qualcosa dalla pancia.
Con l'allattamento artificiale certi passaggi sono più semplici: mamma e nutrimento non sono necessariamente inestricabilmente uniti. Mamma è mamma ma il latte ce lo può dare pure papà.
Così certi passaggi si semplificano e la mamma viene alleggerita perchè non deve sempre essere lei a nutrire, ma può farlo qualcun'altro al suo posto.
Quando si allatta tu, la mamma, sei non sono fonte di inesauribile amore, ma anche di inesauribile e dolce nutrimento.
Io volevo allattare. Non sono riuscita e il nutrimento mio figlio l'ha avuto da me e dal suo papà.
Ma se allatti non si scappa. Ci sei solo tu.
Qual è il punto in cui una madre è autorizzata a fare un passo indietro, a negare di dare tutta se stessa per nutrire il figlio per recuperare pezzi di sè quando sente vicino il crollo?
Sì perchè, dopo un anno di allattamento con un bimbo che si calma solo col tuo seno e con niente altro, con un bimbo che si sveglia di notte e niente può se non il latte di mamma si ha anche il diritto di essere stanche.
Però la decisione è dura. Devi decidere.
Ma per chi?
Per lui? Perchè il latte di mamma, finchè ce n'è, è la cosa migliore del mondo.
O per te? Perchè senti che non ce la fai e se tu non ce la fai, chi sarà con lui?
Per chi?
Sono mamma, moglie e lavoratrice. Mi piace leggere, viaggiare, mangiare e guardare il mondo. A volte salgo sulla giostra....
venerdì 30 agosto 2013
Per chi?
giovedì 29 agosto 2013
Se hai le rotelle sei fregato
Se hai le rotelle sei fregato.
Che tu sia una simpatica vecchietta col carrello della spesa, una mamma con un passeggino, un papà con la carrozzina o un ragazzo su una sedia a rotelle, sei fregato.
Le città amano sempre meno i propri cittadini e la metà dei cittadini di qualsiasi città se ne frega senza rimorsi dell'altra.
Chi appartiene ad una delle categorie sopraindicate capirà immediatamente di cosa sto parlando.
Spesso è impossibile addirittura uscire di casa da soli. Una fastidiosa, umiliante, angosciante limitazione della propria libertà.
Scale. Scale. Scale senza scivoli.
Scivoli troppo ripidi.
Marciapiedi altissimi.
Scivoli ostruiti da macchine.
Senza pietà.
Da quando porto un passeggino ho veramente capito le difficoltà di chi è su una sedia a rotelle.
Prima le intuivo, le potevo comprendere razionalmente ma ora le vivo. E io sono enormemente più fortunata perchè il passeggino è molto più piccolo, agevole e la mamma è in grado di fargli fare scalini.
E ad un certo punto non lo userò più.
Ogni volta che scendo per fare una passaggiata con Dboy è sempre la stessa storia. Sempre.
Scivoli chiusi dalle macchine. Marciapiedi sconnessi e, a volte, ve lo giuro, impossibilità di scendere dal marciapiede.
E io mi arrabbio. Mi arrabbio e auguro sempre, nella mia testa, all'incivile automobilista, di doversi trovare lui un giorno ad aver bisogno di uno scivolo.
Badate, non è maledizione lanciata, è invito e augurio che egli/ella possa imparare ad essere compassionevole. Che è una bella cosa.
La compassione non ha niente a che fare con la pena. La compassione è la capacità di soffrire con, quindi di capire appieno la sofferenza dell'altro. Prendersene su di sè un pezzetto, almeno per un momento, e capire.
Se fossimo più compassionevoli forse cose di questo genere non ne troveremmo più. Forse.
Perchè la gente capirebbe se c'è uno scivolo, quello scivolo serve, non è un cedimento del marciapiede. Se ci sono le strisce pedonali, servono, non sono un'estrosità optical di un architetto...
Forse però.
Perchè se sei stronzo sei stronzo.
Che tu sia una simpatica vecchietta col carrello della spesa, una mamma con un passeggino, un papà con la carrozzina o un ragazzo su una sedia a rotelle, sei fregato.
Le città amano sempre meno i propri cittadini e la metà dei cittadini di qualsiasi città se ne frega senza rimorsi dell'altra.
Chi appartiene ad una delle categorie sopraindicate capirà immediatamente di cosa sto parlando.
Spesso è impossibile addirittura uscire di casa da soli. Una fastidiosa, umiliante, angosciante limitazione della propria libertà.
Scale. Scale. Scale senza scivoli.
Scivoli troppo ripidi.
Marciapiedi altissimi.
Scivoli ostruiti da macchine.
Senza pietà.
Da quando porto un passeggino ho veramente capito le difficoltà di chi è su una sedia a rotelle.
Prima le intuivo, le potevo comprendere razionalmente ma ora le vivo. E io sono enormemente più fortunata perchè il passeggino è molto più piccolo, agevole e la mamma è in grado di fargli fare scalini.
E ad un certo punto non lo userò più.
Ogni volta che scendo per fare una passaggiata con Dboy è sempre la stessa storia. Sempre.
Scivoli chiusi dalle macchine. Marciapiedi sconnessi e, a volte, ve lo giuro, impossibilità di scendere dal marciapiede.
E io mi arrabbio. Mi arrabbio e auguro sempre, nella mia testa, all'incivile automobilista, di doversi trovare lui un giorno ad aver bisogno di uno scivolo.
Badate, non è maledizione lanciata, è invito e augurio che egli/ella possa imparare ad essere compassionevole. Che è una bella cosa.
La compassione non ha niente a che fare con la pena. La compassione è la capacità di soffrire con, quindi di capire appieno la sofferenza dell'altro. Prendersene su di sè un pezzetto, almeno per un momento, e capire.
Se fossimo più compassionevoli forse cose di questo genere non ne troveremmo più. Forse.
Perchè la gente capirebbe se c'è uno scivolo, quello scivolo serve, non è un cedimento del marciapiede. Se ci sono le strisce pedonali, servono, non sono un'estrosità optical di un architetto...
Forse però.
Perchè se sei stronzo sei stronzo.
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mercoledì 28 agosto 2013
Io volevo allattare
Io volevo allattare.
Quando ero incinta io pensavo che avrei allattato. Non era un desiderio, un sogno, un augurio. No.
Io volevo allattare.
Durante gli ultimi mesi di gravidanza mi ero molto informata, avevo letto articoli e blog, avevo ben guardato il sito della Leche league, seguito con grande attenzione le lezioni sull'allattamento dei corsi preparto che frequentavo, avevo letto testimonianze sui blog e raccolto esperienze da amiche.
Io volevo allattare.
Ma non è andata così.
A distanza di più di 13 mesi mi sento ancora in colpa. Non avrò insistito abbastanza? Non sarò stata capace di capire il mio bambino? Mi sarò fatta sopraffare dalla paura?
Con grande piacere ho ricevuto la notizia dell'uscita del nuovo libro di Giorgia Cozza "Latte di mamma....Tutte tranne me". Non l'ho ancora letto e, francamente, non so se lo farò perchè per me rimane una ferita ancora non rimarginata. E le ferite non rimarginate, pizzicano.
Perché comunque hanno sempre da dire e, se non allatti, sei una fallita.
E sei una fallita del peggior fallimento: non sei riuscita a nutrire tuo figlio.
Ecco, così mi sono sentita. Incapace.
Dboy è nato a 36 settimane di gestazione e due giorni.
Quando è arrivato da me apriva la boccuccia come fosse un piccolo uccellino. E dormiva.
Non c'era verso di svegliarlo e farlo attaccare.
Io provavo ma l'unico risultato che riuscivo ad ottenere era che lui aprisse la bocca sì, ma non ciucciasse.
Avevo parlato anche con l'ostetrica dell'ospedale.
Io volevo allattare. Ma Dboy non si attaccava e, quando lo faceva, non ciucciava.
Io mi ostinavo ma i giorni passavano. Tutti erano intorno e ognuno aveva qualcosa da dire.
Io volevo allattare e mi ero raccomandata che al nido non gli dessero biberon.
Ma lui non si attaccava e cominciava a piangere.
Arrivati a casa pensavo sarei stata più tranquilla e avrei potuto provare ancora.
Ricordo il pomeriggio del nostro primo in giorno in casa. Tutti i parenti di mio marito ci erano venuti a trovare.
Io ero stanca, brutta, impaurita, dolorante. Dboy, ad un certo punto cominciò a piangere. Aveva fame.
Non riuscivo a farlo attaccare. Avevo una serie di persone intorno che mi dicevano come fare. Persino gli uomini sapevano meglio di me come si allatta.
Il pianto di Dboy di quel giorno è durato ore.
La mattina dopo, era domenica, chiamai il mio caro amico pediatra che mi disse che 3 giorni e mezzo di digiuno erano il massimo che mi potevo concedere, di comprare un biberon e del latte artificiale.
Avevo perso. Avevo fallito. Non ero in grado di nutrire mio figlio.
Sono sicura che se fossi stata sostenuta in modo diverso forse, un pochino, sarei riuscita. Forse.
Nelle prime settimane mi sono martoriata con tiralatte manuale e poi elettrico.
Se proprio non doveva attaccarsi almeno avrebbe preso il latte di mamma.
Ma se un bimbo non si attacca e non ciuccia la montata lattea non arriva. Gli ormoni e il cervello fanno il loro dovere e si ingannano con difficoltà.
Per il mio cervello io non avevo un cucciolo perché non c'era nessuno che si attaccasse al mio seno per bere.
Per due mesi ho anche continuato ad attaccarlo al seno prima di ogni poppata. Sperando che l'uccellino trovasse la forza di ciucciare.
Poi mi sono arresa.
Dboy, a parte 4 mesi di terribili coliche, stava bene. Cresceva, faceva progressi.
Stava bene. Anche senza il latte di mamma.
Ma la mamma avrebbe voluto tanto che lui si nutrisse di lei.
E che lui la perdonasse.
Quando ero incinta io pensavo che avrei allattato. Non era un desiderio, un sogno, un augurio. No.
Io volevo allattare.
Durante gli ultimi mesi di gravidanza mi ero molto informata, avevo letto articoli e blog, avevo ben guardato il sito della Leche league, seguito con grande attenzione le lezioni sull'allattamento dei corsi preparto che frequentavo, avevo letto testimonianze sui blog e raccolto esperienze da amiche.
Io volevo allattare.
Ma non è andata così.
A distanza di più di 13 mesi mi sento ancora in colpa. Non avrò insistito abbastanza? Non sarò stata capace di capire il mio bambino? Mi sarò fatta sopraffare dalla paura?
Con grande piacere ho ricevuto la notizia dell'uscita del nuovo libro di Giorgia Cozza "Latte di mamma....Tutte tranne me". Non l'ho ancora letto e, francamente, non so se lo farò perchè per me rimane una ferita ancora non rimarginata. E le ferite non rimarginate, pizzicano.
Perché comunque hanno sempre da dire e, se non allatti, sei una fallita.
E sei una fallita del peggior fallimento: non sei riuscita a nutrire tuo figlio.
Ecco, così mi sono sentita. Incapace.
Dboy è nato a 36 settimane di gestazione e due giorni.
Quando è arrivato da me apriva la boccuccia come fosse un piccolo uccellino. E dormiva.
Non c'era verso di svegliarlo e farlo attaccare.
Io provavo ma l'unico risultato che riuscivo ad ottenere era che lui aprisse la bocca sì, ma non ciucciasse.
Avevo parlato anche con l'ostetrica dell'ospedale.
Io volevo allattare. Ma Dboy non si attaccava e, quando lo faceva, non ciucciava.
Io mi ostinavo ma i giorni passavano. Tutti erano intorno e ognuno aveva qualcosa da dire.
Io volevo allattare e mi ero raccomandata che al nido non gli dessero biberon.
Ma lui non si attaccava e cominciava a piangere.
Arrivati a casa pensavo sarei stata più tranquilla e avrei potuto provare ancora.
Ricordo il pomeriggio del nostro primo in giorno in casa. Tutti i parenti di mio marito ci erano venuti a trovare.
Io ero stanca, brutta, impaurita, dolorante. Dboy, ad un certo punto cominciò a piangere. Aveva fame.
Non riuscivo a farlo attaccare. Avevo una serie di persone intorno che mi dicevano come fare. Persino gli uomini sapevano meglio di me come si allatta.
Il pianto di Dboy di quel giorno è durato ore.
La mattina dopo, era domenica, chiamai il mio caro amico pediatra che mi disse che 3 giorni e mezzo di digiuno erano il massimo che mi potevo concedere, di comprare un biberon e del latte artificiale.
Avevo perso. Avevo fallito. Non ero in grado di nutrire mio figlio.
Sono sicura che se fossi stata sostenuta in modo diverso forse, un pochino, sarei riuscita. Forse.
Nelle prime settimane mi sono martoriata con tiralatte manuale e poi elettrico.
Se proprio non doveva attaccarsi almeno avrebbe preso il latte di mamma.
Ma se un bimbo non si attacca e non ciuccia la montata lattea non arriva. Gli ormoni e il cervello fanno il loro dovere e si ingannano con difficoltà.
Per il mio cervello io non avevo un cucciolo perché non c'era nessuno che si attaccasse al mio seno per bere.
Per due mesi ho anche continuato ad attaccarlo al seno prima di ogni poppata. Sperando che l'uccellino trovasse la forza di ciucciare.
Poi mi sono arresa.
Dboy, a parte 4 mesi di terribili coliche, stava bene. Cresceva, faceva progressi.
Stava bene. Anche senza il latte di mamma.
Ma la mamma avrebbe voluto tanto che lui si nutrisse di lei.
E che lui la perdonasse.
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In vacanza con il pupo
vacànza
[va'kantsa]
s.f.
lungo periodo di riposo concesso a chi lavora o studia
Ad un certo punto dell'anno, di solito quando fuori fa una temperatura media di 32° con umidità 87%, arriva il momento di andare in vacanza.
La maggiorparte delle persone la programma con cura. La sogna, la pensa, la invoca. Cerca per mesi.
E prenota. Gli altri vanno un po' all'avventura, vedono quel che c'è, buttano l'occhio da una parte e dall'altra, pigliano una zaino e via.
Colpo di scena: nonstante io sia la donna delle liste le vacanze le facevo nel secondo modo. Decidevo all'ultimo, a volte prenotavo a volte no, e via.
Ora no. Ora c'è Dboy.
Quest'anno le vacanze sono state minuziosamente programmate e preparate.
Prima c'è stata la lunga ricerca del dove. Il quando già si sapeva e non si poteva nemmeno scegliere.
Poi c'è stata la prenotazione, poi il ripensamento, poi la fiducia e la speranza, poi l'ansia della valigia, poi il fare la valigia e poi è arrivata la partenza.
Dove è meglio andare con un bambino di 12 mesi?
Dove vi pare perchè, anche se la cosa potrebbe stupire, i bimbi sono in grado di adattarsi meglio dei loro genitori.
Vi piace il mare? Portatelo al mare: si riempirà i polmoni di salutare iodio, prenderà dimestichezza con l'acqua, la sabbia e con l'immensità del mare, apprezzerà i pomeriggi macilenti sotto gli ulivi e le cene alle sagre di paese.
Vi piace la montagna? Portatelo in montagna: respirerà l'aria pura, imparerà a conoscere gli animali e si cimenterà in bei giochi sugli sterminati prati.
Volete fare la vacanza in una città? Nonostante fuggire dallo smog per un po' per i bimbi sia sempre la cosa migliore, un bimbo starà ottimamente anche nelle vie di Barcellona.
Io, come al solito, ero nel panico. Non sapendo cosa scegliere, cosa fosse meglio per Dboy, soprattutto per la sua alimentazione, alla fine ho optato per un appartamento.
Ho sbagliato. Ve lo dico, ve lo confesso. Ho sbagliato.
I maniaci del controllo difficilmente accettano che siano altri a preparare il cibo per il proprio figlio.
Ve l'avevo detto che ero una maniaca del controllo?
Avreste dovuo capirlo dalla faccenda delle liste.
Abbiamo passato le vacanze in un appartartamento in residence con piscina vicino al mare ma lontano dal paese e dai punti di approvvigionamento.
Inutile dire che Dboy non ha risentito di nulla: ha dormito, mangiato, nuotato, giocato, guardato, si è divertito e rilassato....
Io, invece, ci ho messo una settimana per ambientarmi pensando di aver sbagliato tutto.
Eh, i bimbi. Bisogna dargli fiducia.
Ai genitori un po' meno.
s.f.
1 vacànze
[va'kantse]
sf
l'essere vacante; la condizione di un ufficio privo del titolare
sf
l'essere vacante; la condizione di un ufficio privo del titolare
2 sf
sospensione temporanea dell'attività negli uffici, nelle scuole, nelle assemblee per ragioni di riposo o per celebrare una ricorrenza
3 sfplsospensione temporanea dell'attività negli uffici, nelle scuole, nelle assemblee per ragioni di riposo o per celebrare una ricorrenza
lungo periodo di riposo concesso a chi lavora o studia
Ad un certo punto dell'anno, di solito quando fuori fa una temperatura media di 32° con umidità 87%, arriva il momento di andare in vacanza.
La maggiorparte delle persone la programma con cura. La sogna, la pensa, la invoca. Cerca per mesi.
E prenota. Gli altri vanno un po' all'avventura, vedono quel che c'è, buttano l'occhio da una parte e dall'altra, pigliano una zaino e via.
Colpo di scena: nonstante io sia la donna delle liste le vacanze le facevo nel secondo modo. Decidevo all'ultimo, a volte prenotavo a volte no, e via.
Ora no. Ora c'è Dboy.
Quest'anno le vacanze sono state minuziosamente programmate e preparate.
Prima c'è stata la lunga ricerca del dove. Il quando già si sapeva e non si poteva nemmeno scegliere.
Poi c'è stata la prenotazione, poi il ripensamento, poi la fiducia e la speranza, poi l'ansia della valigia, poi il fare la valigia e poi è arrivata la partenza.
Dove è meglio andare con un bambino di 12 mesi?
Dove vi pare perchè, anche se la cosa potrebbe stupire, i bimbi sono in grado di adattarsi meglio dei loro genitori.
Vi piace il mare? Portatelo al mare: si riempirà i polmoni di salutare iodio, prenderà dimestichezza con l'acqua, la sabbia e con l'immensità del mare, apprezzerà i pomeriggi macilenti sotto gli ulivi e le cene alle sagre di paese.
Vi piace la montagna? Portatelo in montagna: respirerà l'aria pura, imparerà a conoscere gli animali e si cimenterà in bei giochi sugli sterminati prati.
Volete fare la vacanza in una città? Nonostante fuggire dallo smog per un po' per i bimbi sia sempre la cosa migliore, un bimbo starà ottimamente anche nelle vie di Barcellona.
Io, come al solito, ero nel panico. Non sapendo cosa scegliere, cosa fosse meglio per Dboy, soprattutto per la sua alimentazione, alla fine ho optato per un appartamento.
Ho sbagliato. Ve lo dico, ve lo confesso. Ho sbagliato.
I maniaci del controllo difficilmente accettano che siano altri a preparare il cibo per il proprio figlio.
Ve l'avevo detto che ero una maniaca del controllo?
Avreste dovuo capirlo dalla faccenda delle liste.
Abbiamo passato le vacanze in un appartartamento in residence con piscina vicino al mare ma lontano dal paese e dai punti di approvvigionamento.
Inutile dire che Dboy non ha risentito di nulla: ha dormito, mangiato, nuotato, giocato, guardato, si è divertito e rilassato....
Io, invece, ci ho messo una settimana per ambientarmi pensando di aver sbagliato tutto.
Eh, i bimbi. Bisogna dargli fiducia.
Ai genitori un po' meno.
Genitori.figli.genitori.figli...
Io non abito nella città dove sono nata.
Ho cambiato.
Ho cambiato perchè ho seguito l'amore.
Io, che non sono una romantica, ho cambiato vita e città per amore.
Quindi io non vivo più nella città dove sono nata, dove sono cresciuta formandomi tra scuole, sport, parchi, mostre, feste, cinema , due università e amici.
Amici.
Ma non troppi. Io non sono una da tanti amici. Ne ho sempre avuti pochi e alcuni di loro sono ancora qui. Presenti, con grande piacere, nella mia vita nonostante siano sparsi ai quattro angoli del mondo.
Io ho lasciato tutti gli affetti precedenti e ho cambiato tutto per un affetto solo e per la fiducia e la speranza di costruire la mia vita insieme a lui.
Ad agosto Dboy ha fatto le prime vacanze della sua vita. Ma anche la mamma, poi, ha avuto bisogno di fare delle vacanze...Ed è tornata a casa.
A casa della sua mamma dove è ancora figlia e non solo madre. Dove ha ritrovato i suoi libri, i suoi fiori e le foto. E le amiche.
E dove si è sentita libera, libera. Per una settimana era figlia oltre che mamma!
Per una settimana i nonni lontani si sono occupati con piacere di Dboy e lei ha fatto una vita di cui aveva perso anche il ricordo del piacere.
E' uscita da sola a guardare le vetrine dei negozi e il mercato vicino casa, è uscita a cena con le amiche di vecchia date che ne hanno portate delle nuove. Ha visto Roma cambiata. Ha capito che Roma si è dimenticata di lei e questo l'ha resa triste. Ma lei Roma la conosce e sa che soffre di amnesie momentanee. Sa che, in fondo, le vuole bene.
Ha perso tempo, ha lasciato che le preperassero il preanzo e lo facessero anche per Dboy. Ha parlato col cane, che ormai è vecchio. Si è seduta in balcone a sentire l'aria tiepida del pomeriggio.
E' stata una bella settimana.
Una settimana da figlia e non solo da madre.
Ho cambiato.
Ho cambiato perchè ho seguito l'amore.
Io, che non sono una romantica, ho cambiato vita e città per amore.
Quindi io non vivo più nella città dove sono nata, dove sono cresciuta formandomi tra scuole, sport, parchi, mostre, feste, cinema , due università e amici.
Amici.
Ma non troppi. Io non sono una da tanti amici. Ne ho sempre avuti pochi e alcuni di loro sono ancora qui. Presenti, con grande piacere, nella mia vita nonostante siano sparsi ai quattro angoli del mondo.
Io ho lasciato tutti gli affetti precedenti e ho cambiato tutto per un affetto solo e per la fiducia e la speranza di costruire la mia vita insieme a lui.
Ad agosto Dboy ha fatto le prime vacanze della sua vita. Ma anche la mamma, poi, ha avuto bisogno di fare delle vacanze...Ed è tornata a casa.
A casa della sua mamma dove è ancora figlia e non solo madre. Dove ha ritrovato i suoi libri, i suoi fiori e le foto. E le amiche.
E dove si è sentita libera, libera. Per una settimana era figlia oltre che mamma!
Per una settimana i nonni lontani si sono occupati con piacere di Dboy e lei ha fatto una vita di cui aveva perso anche il ricordo del piacere.
E' uscita da sola a guardare le vetrine dei negozi e il mercato vicino casa, è uscita a cena con le amiche di vecchia date che ne hanno portate delle nuove. Ha visto Roma cambiata. Ha capito che Roma si è dimenticata di lei e questo l'ha resa triste. Ma lei Roma la conosce e sa che soffre di amnesie momentanee. Sa che, in fondo, le vuole bene.
Ha perso tempo, ha lasciato che le preperassero il preanzo e lo facessero anche per Dboy. Ha parlato col cane, che ormai è vecchio. Si è seduta in balcone a sentire l'aria tiepida del pomeriggio.
E' stata una bella settimana.
Una settimana da figlia e non solo da madre.
martedì 27 agosto 2013
The name game
Dare il nome.
Dare il nome è un atto fondante, è una creazione. E' la creazione dell'identità.
Dare corpo e realtà a qualcosa e, magari, dargli un destino.
Dare il nome a qualcosa o a qualcuno non è atto da poco. E' anzi atto divino perchè fa esistere ciò che prima non esisteva.
Ad un certo punto, quando si aspetta un bimbo, si arriva al fatidico nodo: come lo chiamiamo?
C'è chi già lo sa da quando aveva 13 anni. Ha un nome in testa. Il resto non conta.
C'è chi, metodicamente, vaglia ogni possibilità e stila liste che vengono mano a mano assottigliate fino a rimanere col solo vincitore.
C'è chi va sul sicuro e pesca in famiglia.
C'è chi rimanda, rimanda, rimanda....convinto poi che, vedendo la faccia del neonato, avrà un'illuminazione.
Io sono una di quelle del secondo gruppo. Io faccio liste. Io sono la regina delle liste.
Le faccio per tutto: spesa (ma questa è facile), cose da fare, cose da fare al lavoro, cose da ricordarsi, bagagli, libri da leggere, film da vedere.....Io faccio liste.
Prima che scoprissimo il sesso del bambino io e mio marito ci siamo lanciati nell'avventura di redigere una "lista nomi". La lista era personale e divisa per sesso: ognuno avrebbe scritto le proprie preferenze e poi le avremmo confrontate.
I nomi in comune tenuti in cima, i nomi che proprio non piacevano all'uno o all'altra cancellati.
Ora voi penserete che sia stato un gioco da ragazzi. Ma dare un nome non può mai essere un gioco. E' una cosa importante, fondamentale, fondante.
Così questa lista è rimasta sul frigorifero per settimane.
Ogni volta, entrando in cucina, ci buttavamo l'occhio e poi organizzavamo un brain storming e decurtavamo nomi.
Poi abbiamo saputo il sesso e la lista si è naturalmente dimezzata.
Alla fine, ma proprio alla fine, abbiamo scelto.
E questa scelta è stata un pezzo di creazione e un pezzo di parto e un pezzo di destino ...
Dare il nome è un atto fondante, è una creazione. E' la creazione dell'identità.
Dare corpo e realtà a qualcosa e, magari, dargli un destino.
Dare il nome a qualcosa o a qualcuno non è atto da poco. E' anzi atto divino perchè fa esistere ciò che prima non esisteva.
Ad un certo punto, quando si aspetta un bimbo, si arriva al fatidico nodo: come lo chiamiamo?
C'è chi già lo sa da quando aveva 13 anni. Ha un nome in testa. Il resto non conta.
C'è chi, metodicamente, vaglia ogni possibilità e stila liste che vengono mano a mano assottigliate fino a rimanere col solo vincitore.
C'è chi va sul sicuro e pesca in famiglia.
C'è chi rimanda, rimanda, rimanda....convinto poi che, vedendo la faccia del neonato, avrà un'illuminazione.
Io sono una di quelle del secondo gruppo. Io faccio liste. Io sono la regina delle liste.
Le faccio per tutto: spesa (ma questa è facile), cose da fare, cose da fare al lavoro, cose da ricordarsi, bagagli, libri da leggere, film da vedere.....Io faccio liste.
Prima che scoprissimo il sesso del bambino io e mio marito ci siamo lanciati nell'avventura di redigere una "lista nomi". La lista era personale e divisa per sesso: ognuno avrebbe scritto le proprie preferenze e poi le avremmo confrontate.
I nomi in comune tenuti in cima, i nomi che proprio non piacevano all'uno o all'altra cancellati.
Ora voi penserete che sia stato un gioco da ragazzi. Ma dare un nome non può mai essere un gioco. E' una cosa importante, fondamentale, fondante.
Così questa lista è rimasta sul frigorifero per settimane.
Ogni volta, entrando in cucina, ci buttavamo l'occhio e poi organizzavamo un brain storming e decurtavamo nomi.
Poi abbiamo saputo il sesso e la lista si è naturalmente dimezzata.
Alla fine, ma proprio alla fine, abbiamo scelto.
E questa scelta è stata un pezzo di creazione e un pezzo di parto e un pezzo di destino ...
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Bimbo vs zanzare: 0 a 1
D'estate ci sono le zanzare, si sa.
Le zanzare pungono. Anche questo si sa.
Una volta lo facevano preferibilmente di notte, attaccandoti accompagnate dal quel fastidioso ronzio (tanto che io pensavo: nutritevi di me , ma non svegliatemi please!!!!)
Ora c'è la zanzara tigre.
La zanzara tigre è subdola perchè non ronza, attacca di giorno, è più piccola e spietata. E colpisce l'obiettivo a raffica. E questa volta l'obiettivo era Dboy.
Il povero bambino, nonostante unguenti protettivi alla citronella, al generaneo e ad altre cose che si dicono "insettorepellenti", è stato letteralmetnte martoriato.
Una serie infinita di ponfi, uno nuovo ogni giorno.
Abbiamo cercato di rimediare con unguenti di vari tipo, sempre naturali senza sostanze chimiche all'interno, e almeno l'intervento post attacco sembra aver funzionato...
Ho scoperto che ci sono infiniti prodotti che si vantano di essere insettorepellenti ed altrettanti rimedi postpuntura.
Vanno da robe praticamente infiammabili al solo sguardo, a prodotti fatti solo di vaselina bianca ed estratti naturali.
La mia scelta, per i prodotti che sopratto uso su Dboy, ma anche per noi, è sempre stata indirizzata verso prodotti che fossero il più possibile naturali e che avessero un INCI il più possibile verde.
E queste sono state le nostre armi per la battaglia contro le zanzare.
La Lozione protettiva baby di Anthyllis agli oli di andiroba e geranio per noi non ha funzionato. Le zanzare l'hanno proprio snobbata posandocisi sopra dopo la somministrazione!
Il dopopuntura Urtica Gel della Weleda invece fa il suo dovere: toglie il prurito, lenisce l'arrossamento, non puzza ed ha una formulazione che la rende fresca.
Anche il dopopuntura Ciderma della Boiron fa estremamente bene il suo dovere: toglie il prurito e il rossore in un attimo, solo che ha una formulazione unguentosa rimane un po' unto sulla pelle.
Entrambe con un buon inci, quindi sicure per i bimbi e per noi, e rispalmabili rispalmabili rispalmabili.....
L'amico pediatra mi consiglia Fidrem come insettorepellente. Non l'ho ancora preso ma ho intenzione di provarlo su Dboy al più presto.
ATTENZIONE: molti prodotti che dicono di essere "adatti ai bambini" in realtà lo sono solo dai due anni in su per cui leggete sempre bene le etichette.
[Non sono sponsorizzata da nessuno: le foto e i commenti sono di prodotti che io compro e provo secondo mia personalissima scelta]
Le zanzare pungono. Anche questo si sa.
Una volta lo facevano preferibilmente di notte, attaccandoti accompagnate dal quel fastidioso ronzio (tanto che io pensavo: nutritevi di me , ma non svegliatemi please!!!!)
Ora c'è la zanzara tigre.
La zanzara tigre è subdola perchè non ronza, attacca di giorno, è più piccola e spietata. E colpisce l'obiettivo a raffica. E questa volta l'obiettivo era Dboy.
Il povero bambino, nonostante unguenti protettivi alla citronella, al generaneo e ad altre cose che si dicono "insettorepellenti", è stato letteralmetnte martoriato.
Una serie infinita di ponfi, uno nuovo ogni giorno.
Abbiamo cercato di rimediare con unguenti di vari tipo, sempre naturali senza sostanze chimiche all'interno, e almeno l'intervento post attacco sembra aver funzionato...
Ho scoperto che ci sono infiniti prodotti che si vantano di essere insettorepellenti ed altrettanti rimedi postpuntura.
Vanno da robe praticamente infiammabili al solo sguardo, a prodotti fatti solo di vaselina bianca ed estratti naturali.
La mia scelta, per i prodotti che sopratto uso su Dboy, ma anche per noi, è sempre stata indirizzata verso prodotti che fossero il più possibile naturali e che avessero un INCI il più possibile verde.
E queste sono state le nostre armi per la battaglia contro le zanzare.
La Lozione protettiva baby di Anthyllis agli oli di andiroba e geranio per noi non ha funzionato. Le zanzare l'hanno proprio snobbata posandocisi sopra dopo la somministrazione!
Il dopopuntura Urtica Gel della Weleda invece fa il suo dovere: toglie il prurito, lenisce l'arrossamento, non puzza ed ha una formulazione che la rende fresca.
Anche il dopopuntura Ciderma della Boiron fa estremamente bene il suo dovere: toglie il prurito e il rossore in un attimo, solo che ha una formulazione unguentosa rimane un po' unto sulla pelle.
Entrambe con un buon inci, quindi sicure per i bimbi e per noi, e rispalmabili rispalmabili rispalmabili.....
L'amico pediatra mi consiglia Fidrem come insettorepellente. Non l'ho ancora preso ma ho intenzione di provarlo su Dboy al più presto.
ATTENZIONE: molti prodotti che dicono di essere "adatti ai bambini" in realtà lo sono solo dai due anni in su per cui leggete sempre bene le etichette.
[Non sono sponsorizzata da nessuno: le foto e i commenti sono di prodotti che io compro e provo secondo mia personalissima scelta]
domenica 25 agosto 2013
Venire al mondo
1pàrto
['parto]
s.m.
[in senso figurato] qualsiasi prodotto dell'ingegno
Mi ero preparata. Avevo letto tantissimo durante i mesi di gravidanza.
Partecipavo ad un forum, andavo in piscina per fare un corso di nuoto per gestanti, frequentavo il corso preparto dell'ospedale dove avrei partorito e quello del consultorio vicino casa. Avevo comprato un libro che spiegava passo passo tutti i nove mesi di gravidanza. E lo avevo pure letto.
Mi ero preparta.
Ma non ero proprio preparatissima al fatto che Dboy sarebbe arrivato e avrebbe stravolto qualsiasi piano, progetto, organizzazione. Cominciando da prima di subito. Nascendo all'inizio della 37esima settimana.
Pensavo che certe cose succedessero solo nei film. Pensavo che solo nei film alla bella gestante si rompessero le acque e via, in un turbinio di sospiri e pianti, in un paio d'ore, arrivasse il pupo.
Togliete i sospiri e i pianti e pure il paio d'ore. Ma il resto è andato così.
Tutto sommato ho avuto una buona gravidanza: come disturbo solo nausea e bruciori di stomaco e due periodi di un mese a letto a causa del collo dell'utero corto.
Ed ero preparata. Avevo letto, mi ero informata. Avevo scelto consapevolmente la ginecologa e dove avrei voluto partorire, ho valutato che avrei potuto farcela senza epidurale. Ho letto Tracy Hogg e tante testimonianze sul parto. Mi sono lasciata tentare dal parto in acqua e dal parto in casa.
Mi sono informata sull'allattamento. Mi sono informata su supporti per portare.
Poi lui ha dato chiaro segno di voler uscire e io non avevo nemmeno pronta la valigia!
Mi si sono rotte le acque come nei film e come in molti film era presto ma, fortunatamente, non troppo da farci preoccupare. Sono stata ricoverata e trattata con antibiotico (per preservare il canale del parto da eventuali infezioni) e cortisonico (per dare una sferzata di energia ai polmoni di Dboy).
Dopo tre giorni e due induzioni sono entrata in travaglio.
Ma io ero preparata. Sapevo tutto, avevo letto tutto.
Ero sola perchè avevo mandato via tutti e, francamente, la cosa mi faceva stare più tranquilla.
C'è poco da fare, il parto è qualcosa di personale, non c'è nessuno che possa fare niente. Te la vedi tu col tuo dolore.
Io stavo bene così.
Aspettavo Dboy, sentivo che lui voleva uscire. Voleva vederci.
Sono stata calma, ho cominciato ad accogliere ed accettare il dolore delle contrazioni come qualcosa che mi avvicinava alla nascita. Le ho assecondate.
Sono stata premiata perchè a due ore dell'inizio delle contrazioni avevo il parto aperto di 4 cm e dopo altre due ore e mezzo sull'orrendo lettino della sala parto (bisognerà riparlarne, delle sale parto...) e alla quarta spinta è arrivato.
Ed ha pianto subito.
E' sgusciato fuori.
E' venuto al mondo.
s.m.
1 sm
il partorire
2 smil partorire
[in senso figurato] qualsiasi prodotto dell'ingegno
Mi ero preparata. Avevo letto tantissimo durante i mesi di gravidanza.
Partecipavo ad un forum, andavo in piscina per fare un corso di nuoto per gestanti, frequentavo il corso preparto dell'ospedale dove avrei partorito e quello del consultorio vicino casa. Avevo comprato un libro che spiegava passo passo tutti i nove mesi di gravidanza. E lo avevo pure letto.
Mi ero preparta.
Ma non ero proprio preparatissima al fatto che Dboy sarebbe arrivato e avrebbe stravolto qualsiasi piano, progetto, organizzazione. Cominciando da prima di subito. Nascendo all'inizio della 37esima settimana.
Pensavo che certe cose succedessero solo nei film. Pensavo che solo nei film alla bella gestante si rompessero le acque e via, in un turbinio di sospiri e pianti, in un paio d'ore, arrivasse il pupo.
Togliete i sospiri e i pianti e pure il paio d'ore. Ma il resto è andato così.
Tutto sommato ho avuto una buona gravidanza: come disturbo solo nausea e bruciori di stomaco e due periodi di un mese a letto a causa del collo dell'utero corto.
Ed ero preparata. Avevo letto, mi ero informata. Avevo scelto consapevolmente la ginecologa e dove avrei voluto partorire, ho valutato che avrei potuto farcela senza epidurale. Ho letto Tracy Hogg e tante testimonianze sul parto. Mi sono lasciata tentare dal parto in acqua e dal parto in casa.
Mi sono informata sull'allattamento. Mi sono informata su supporti per portare.
Poi lui ha dato chiaro segno di voler uscire e io non avevo nemmeno pronta la valigia!
Mi si sono rotte le acque come nei film e come in molti film era presto ma, fortunatamente, non troppo da farci preoccupare. Sono stata ricoverata e trattata con antibiotico (per preservare il canale del parto da eventuali infezioni) e cortisonico (per dare una sferzata di energia ai polmoni di Dboy).
Dopo tre giorni e due induzioni sono entrata in travaglio.
Ma io ero preparata. Sapevo tutto, avevo letto tutto.
Ero sola perchè avevo mandato via tutti e, francamente, la cosa mi faceva stare più tranquilla.
C'è poco da fare, il parto è qualcosa di personale, non c'è nessuno che possa fare niente. Te la vedi tu col tuo dolore.
Io stavo bene così.
Aspettavo Dboy, sentivo che lui voleva uscire. Voleva vederci.
Sono stata calma, ho cominciato ad accogliere ed accettare il dolore delle contrazioni come qualcosa che mi avvicinava alla nascita. Le ho assecondate.
Sono stata premiata perchè a due ore dell'inizio delle contrazioni avevo il parto aperto di 4 cm e dopo altre due ore e mezzo sull'orrendo lettino della sala parto (bisognerà riparlarne, delle sale parto...) e alla quarta spinta è arrivato.
Ed ha pianto subito.
E' sgusciato fuori.
E' venuto al mondo.
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Maternità
maternità
[materni'ta]
s.f.inv.
ospedale o reparto ospedaliero riservato alle donne gestanti o partorienti
Vincoli affettivi che legano solo ai figli? O anche alle idee, ai progetti portati a termine o svaniti nel nulla, a quelli partoriti o abortiti...
Cosa significa essere mater?
Io lo sono stata, da sempre, di pupazzi, animaletti, storie scritte o solo pensate, progetti impossibili, cause perse. E ora lo sono di un bimbo.
Dboy.
Dboy ha 13 mesi.
Da 13 mesi rispetto a pieno la definizione del vocabolario.
Io ho creato un essere umano.
E da qui comincia una nuova avventure e una vita diversa, una vita nella quale non sei più tu il centro di bisogni e desideri ma un piccolo esserino. Che pretende, vuole.
E dona, più di quanto non chieda. E insegna....
Dboy mi ha cambiato la vita, mi ha reso madre di figli.
E ora bisogna capire come gestire la cosa.
Ma iniziamo dall'inizio...
D boy viene al mondo....
s.f.inv.
1 sf
l'essere madre; il complesso di vincoli affettivi che legano la madre ai figli
2 sfl'essere madre; il complesso di vincoli affettivi che legano la madre ai figli
ospedale o reparto ospedaliero riservato alle donne gestanti o partorienti
Vincoli affettivi che legano solo ai figli? O anche alle idee, ai progetti portati a termine o svaniti nel nulla, a quelli partoriti o abortiti...
Cosa significa essere mater?
Io lo sono stata, da sempre, di pupazzi, animaletti, storie scritte o solo pensate, progetti impossibili, cause perse. E ora lo sono di un bimbo.
Dboy.
Dboy ha 13 mesi.
Da 13 mesi rispetto a pieno la definizione del vocabolario.
Io ho creato un essere umano.
E da qui comincia una nuova avventure e una vita diversa, una vita nella quale non sei più tu il centro di bisogni e desideri ma un piccolo esserino. Che pretende, vuole.
E dona, più di quanto non chieda. E insegna....
Dboy mi ha cambiato la vita, mi ha reso madre di figli.
E ora bisogna capire come gestire la cosa.
Ma iniziamo dall'inizio...
D boy viene al mondo....
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sabato 24 agosto 2013
A new game...
Nuovo gioco sì, fin quando ne avrò il tempo.
Perché adesso è il tempo il bene più prezioso. Ti alzi, ti prepari, prepari per gli altri. Vai al lavoro, esegui, concludi, studi, pensi, ti raccapezzi. Torni, prendi, badi, accudisci, prepari....e vorresti fare tanto altro ma il tempo non ce l'hai mai.
Bene, new game. Il mio nuovo gioco per parlarvi di me, della mia vita, del mio cucciolo, DBoy di 13 mesi, del tempo, dell'ansia e della paura che spesso questa vita genera. E del come gestire tutto senza cadere in pezzi.
Perché adesso è il tempo il bene più prezioso. Ti alzi, ti prepari, prepari per gli altri. Vai al lavoro, esegui, concludi, studi, pensi, ti raccapezzi. Torni, prendi, badi, accudisci, prepari....e vorresti fare tanto altro ma il tempo non ce l'hai mai.
Bene, new game. Il mio nuovo gioco per parlarvi di me, della mia vita, del mio cucciolo, DBoy di 13 mesi, del tempo, dell'ansia e della paura che spesso questa vita genera. E del come gestire tutto senza cadere in pezzi.
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